Sophie : il manichino con sedia a rotelle di Primark - Ottierre Ortopedia Sanitaria Skip to content
Sophie

il manichino in sedia a rotelle di Primark

Non si tratta solo di una figura seduta: Sophie è stata progettata con cura per rappresentare in modo realistico e dignitoso una persona con disabilità motoria. Lineamenti proporzionati, una sedia manuale sportiva, e una postura fedele all’esperienza reale di chi vive con una carrozzina. Sophie è parte della linea Primark Adaptive, una collezione pensata per rispondere a esigenze pratiche, con capi dotati di cuciture piatte, aperture magnetiche, pantaloni facili da indossare anche da seduti.

Sophie è frutto di una collaborazione con l’attivista, autrice e presentatrice Sophie Morgan, che ha voluto portare la sua esperienza personale all’interno di un settore che troppo spesso ha escluso i corpi non conformi dalle sue narrazioni estetiche. Il manichino è stato collocato nelle vetrine di alcuni store selezionati in Europa, accompagnato da messaggi che celebrano la diversità.

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Chi è Sophie Morgan

Sophie Morgan è una giornalista, conduttrice televisiva, attivista e imprenditrice britannica. Rimasta paraplegica a 18 anni in seguito a un incidente stradale, ha trasformato la sua esperienza in una missione per l’inclusione delle persone con disabilità. 

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Il dibattito

La presentazione di Sophie ha subito polarizzato l’opinione pubblica. Se da un lato è stata accolta con entusiasmo da molte persone con disabilità — per la prima volta rappresentate visivamente in uno dei contesti più iconici della moda — dall’altro lato non sono mancate critiche e interrogativi.

La questione centrale è la stessa affrontata nell’articolo di Ottierre intitolato “Moda adattiva: per la diversità o per la pubblicità?”. Qui si analizza con lucidità il fenomeno crescente delle aziende che includono la disabilità nelle proprie campagne, senza però garantirne una reale integrazione strutturale: linee adattive poco diffuse, taglie limitate, personale non formato e scarsa accessibilità dei punti vendita.

Il rischio, come si legge nell’articolo, è che si tratti di una strategia di “inclusività performativa”, ovvero una narrazione apparentemente progressista usata a fini di marketing, senza che corrisponda a un cambiamento profondo. In quest’ottica, Sophie potrebbe diventare l’ennesimo simbolo “utilizzato” per attrarre attenzione e consensi, senza una continuità concreta nei prodotti e nei servizi per clienti con disabilità.

Barbie, Sophie e il simbolismo della rappresentazione

Un altro confronto utile è con “Barbie e la Disabilità”, sempre di Ottierre, dove si riflette su come l’introduzione della Barbie in sedia a rotelle sia stata un gesto potente ma anche controverso. L’articolo evidenzia come un simbolo di cultura pop, quando rappresenta la disabilità, può avere un impatto emotivo e culturale enorme, specialmente per bambine e bambini che si sentono finalmente riconosciuti. Tuttavia, anche qui si solleva il tema della coerenza nel tempo: la diversità rappresentata non può essere solo un’edizione limitata o un episodio isolato.

Come Barbie, anche Sophie si colloca a metà tra progresso e simbolismo. È un’immagine potente, che rompe l’omologazione dei corpi perfetti esposti in vetrina. Ma sarà sufficiente? Sarà replicata e sostenuta da una politica aziendale più ampia?

Il Caso Primark

La collezione Adaptive di Primark è un progetto permanente e ambizioso, ma al momento non è ancora disponibile in tutti i negozi. Sugli store selezionati viene affiancato il Click & Collect per ampliare la copertura. L’obiettivo dichiarato è di rendere la moda inclusiva accessibile a più clienti possibile, ma senza una diffusione capillare uniforme al momento. 

Il lancio di Sophie segna un momento storico per la moda mainstream: mai prima d’ora un grande retailer aveva dedicato così tanta attenzione alla rappresentazione visiva delle persone con disabilità. È un passo necessario, che smuove le coscienze e porta il tema della disabilità fuori dal margine.

Tuttavia, la rappresentazione — non è sufficiente da sola. Serve continuità, accessibilità reale, ascolto delle comunità, formazione e disponibilità di capi davvero adatti. Sophie non può rimanere solo un volto bello in vetrina: deve diventare un’apertura concreta verso una moda che sia davvero inclusiva, non solo decorativa.

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